Una serie di delitti. Uno sfondo religioso e conflitti politici sempre più accesi. Ingredienti che si sposano alla perfezione con il periodo della tarda repubblica romana. Una fase storica così ricca di fascino tra l’ascesa di Cesare e Pompeo, la congiura di Catilina e i postumi delle proscrizioni sillane che rappresenta lo scenario ideale per un giallo.
Ambientare una serie nell’antica Roma è una sfida intrigante, capace di unire due grandi passioni, quella per la storia romana e quella per i gialli. Inizialmente avevo pensato a un solo romanzo, poi ci ho preso talmente gusto che ho deciso di scrivere subito il secondo. Infatti dopo Omicidi nell’urbe è in uscita una nuova indagine del questore Callido, Omicidi nella domus.
Quando ho ideato la storia volevo che il lettore si incuriosisse e fosse stimolato ad andare a riprendere il libro del liceo per approfondire il periodo. Così sono partito da un fatto di cronaca realmente accaduto e, accanto ai personaggi di fantasia, ho inserito personaggi veramente esistiti come Marco Tullio Cicerone, Lutazio Catulo, il console Pisone, la gladiatrice Achillea e molti altri. Ciò che mi premeva era esaltare la maestosità di Roma, spingere il lettore a immergersi nella città così come era nella repubblica e farlo immedesimare negli usi e costumi del tempo.
Nella mia mente l’urbe non rappresentava solo lo sfondo in cui ambientare la vicenda, ma diventava personaggio vero e proprio, un’entità pulsante che interagiva con i protagonisti.
Scrivere questo romanzo è stato come vivere un’avventura. La parte più difficile è stata sicuramente l’ideazione della trama. Non riesco a scrivere se non ho già in mente tutta la storia quindi ho passato settimane a prendere appunti per sviluppare il soggetto. Sono partito da un’idea di fondo e ho aggiunto un tassello alla volta finché l’intreccio giallo ha preso forma arricchendosi di dettagli e particolari. La mia vena creativa di solito si accende durante le vacanze (per la gioia di mia moglie) e così ho trascorso ore in riva al mare a passeggiare chiedendomi come Flavio Callido avrebbe potuto interfacciarsi con Cicerone o come l’assassino l’avrebbe fatta franca. Da questo punto di vista sono molto schematico. Ragiono come se stessi vedendo un film, divido ciò che voglio raccontare per scene e appunto qualsiasi cosa mi passi per la testa. Il risultato è un soggetto che è lungo quasi quanto il romanzo vero e proprio.
Fondamentale per l’ispirazione è stata la storia del tempo e la correlazione reale tra i personaggi a cui ho aggiunto elementi del mio quotidiano. Non mi sorprenderei se alcuni dei miei amici si riconoscessero nei personaggi o in alcune situazioni descritte. Hanno influenzato il risultato finale anche le letture che mi hanno accompagnato nel corso degli anni. Ritengo che uno scrittore debba essere anche un accanito lettore: solo leggendo si può crescere nello scrivere e nella consapevolezza dei propri mezzi. Tra gli autori che hanno contribuito alla mia formazione voglio citare Michael Connelly, anche lui edito da Piemme, che con i suoi romanzi mi tiene compagnia dai tempi dell’università. E chissà che la vita del mio Flavio Callido possa arricchirsi di tante sfaccettature come quella di Harry Bosch.