Articolo a cura di Felice Laudadio per Sololibri.net
C’è del marcio a Roma, nel 61 a.C., oltre a tanta corruzione, tensione politica e delitti, che si estendono dalla Città eterna ai dintorni. Ma Flavio Callido dà il meglio di sé e con le buone o le cattive assicura i rei alla giustizia del Senato, del popolo romano e degli dei. “Omicidi nella Domus”, romanzo di Walter Astori pubblicato a luglio 2018 dalle Edizioni Piemme (232 pagine 19 euro), è la seconda indagine del questore, vale a dire un magistrato inquirente capitolino. Segue “Omicidi nell’Urbe”, uscito un mese prima, sempre per i tipi della casa editrice milanese.
Anche Astori è romano de Roma. Dopo la laurea in legge ha lavorato in radio e per la carta stampata, passando alla televisione, con un ruolo direttivo nella comunicazione per Eleven Sports Italia. I thriller nella Roma repubblicana sono nati dalla passione per la storia della sua città e per la letteratura poliziesca. Non gli andava, da bambino, che nei gialli l’assassino dovesse sempre essere il maggiordomo, così ha cominciato a scriverli: questa la spiegazione spiritosa della sua irruzione sulle scene della narrativa, a leggere il sito ufficiale.
Fin dal primo romanzo, ha scatenato sui sette colli una specie di progenitore dei serial killer dei nostri tempi. In questo nuovo titolo sviluppa le due passioni che lo ispirano, l’Urbe antica e il giallo. Allo stesso tempo, rende omaggio ad una grande firma del genere: Agatha Christie.
Una villa isolata, una catena di delitti in uno spazio ristretto, un gruppo assortito di personaggi tra i quali rientra certamente il colpevole. Il richiamo alle trame care alla scrittrice britannica è chiaro, con Flavio nei panni di un Ercule Poirot in tunica e calzari.
Callido (scaltro) è l’appellativo che gli ha riconosciuto il grande Pompeo, per l’accortezza con cui aveva scongiurato un complotto ai danni del generale. Il giovane questore è stato ufficiale nelle legioni e dopo il servizio nell’esercito si è indirizzato alla regolare carriera pubblica per un patrizio: tribuno militare, questore, edile, tribuno della plebe, pretore, console.
Il luogo dove si svolge il romanzo è la villa del papà di Flavio, sui Colli Albani. Diversamente dal figlio, il senatore Spurio non ha doti d’intuito e capacità di ragionamento, è riuscito comunque a muoversi bene nel mare infido della politica repubblicana, rivestendo cariche durante la dittatura di Silla. Quando Callido raggiunge la ricca domus di campagna paterna, si è già verificato il primo evento luttuoso. Una schiava ha trovato una nobile ospite stroncata da un malore, provocato a quanto pare dalla paura per un improvviso incendio del suo cubicolo. Era Cecilia, la moglie di Calpurnio Bestia, anche lui tra gli ospiti sul Monte Albanus, insieme all’amico Lucio Murena, ex console.
Si apprende che Bestia era già rimasto vedovo precedentemente e le voci raccolte nei bordelli romani dall’acuto amico Antonio – che segue Flavio in tutti gli spostamenti insieme al robusto littore Censo – danno per certo di una “bella donna uccisa dalla belladonna”, un cosmetico che se ingerito libera devastanti proprietà venefiche. Non potendo ripudiare Servia, perché troppo virtuosa e inappuntabile, l’avrebbe liquidata per sposare Cecilia, imparentata con l’influente Catone l’Uticense.
L’uxoricidio si direbbe un vizietto ricorrente, per Calpurnio. La suocera Marciana lo accusa d’essere coinvolto anche nella morte di Cecilia, come si apprende nelle ultime righe del primo capitolo. Del resto, la caratteristica di una “impaginazione” particolare di Astori è che ogni capitolo si chiude con un colpo di scena, a sua volta premessa del seguente, sul modello delle fiction gialle a episodi. Ogni volta, la trama intera si eleva di un gradino.
Marciana non ci sta e va gridando che la figlia adottiva aveva accusato Licinia, sorella di Murena, di avere appiccato il fuoco al cubicolo, per liberarsi di Cecilia e rimuovere così l’ultimo ostacolo alle ennesime nozze del tanto desiderato Calpurnio Bestia.
Nella villa di Spurio si mette sensualmente in evidenza Fausta Cornelia, la figlia trentenne di Silla, tanto chiacchierata per l’indole libertina. Pettegolezzi a parte, la sua bellezza e la carnalità disinibita non sfuggono affatto al giovane questore.
Ci sono poi in giro uno stuolo di schiave e schiavi al seguito dei nobili e, infine, Locusta, una rara aruspice donna (indovina) al servizio di Bestia. È originaria della Gallia e i servi del padrone di casa la considerano una strega, attribuendo ai suoi malefici le disgrazie accadute nella domus: la sparizione di uno schiavo, la morte improvvisa di un’altra e quella di Cecilia.
Locusta compie sacrifici di animali e non è la sola a “divertirsi” a sgozzarli, visto che Atratino, il figlio di Bestia, si diverte a tagliare la testa agli animali ed è stato sorpreso intento a decapitare due pecore ed una cavalla.
Proprio come Poirot, Callido assume un ruolo centrale nel gruppo, anche per tenere a freno litigi, accuse, scontri – più d’uno dei nobili nasconde armi tra le vesti – e per stabilire la verità oggettiva tra tante verità presunte.